27 APRILE: PADRE MARCO BEATO 17 ANNI FA

Amici carissimi tutti!
I prolungati giorni di chiusura rischiano di farci perdere i riferimenti a dati e date significativi. Ricordare invece è sempre motivo di speranza e orientamento al bene nel domani.Il Beato Marco d’Aviano, proclamato diciassette anni fa oggi 27 aprile dal papa San Giovanni Paolo II (del quale celebreremo il centenario di nascita il 18 maggio prossimo) come “profeta disarmato della misericordia divina” e che combatté il “male pestilenziale”, continui a essere intercessore della ripresa che si profila lenta e difficoltosa. Noi lo auspichiamo invocando Dio ancora con la speciale “preghiera per intercessione in tempo di coronavirus”. Nell’anniversario della beatificazione, che coincise nel 2003 con la Domenica della divina misericordia e casca ancora dentro il lockdown, ci colpisce una frase che abbiamo scoperto in questi ultimi giorni nelle lettere di Padre Marco all’imperatore Leopoldo I. La offriamo anche come meditazione – non sappiamo come venirne fuori del tutto dalla pandemia – ricordando pure un’altra illuminata esortazione del cappuccino: “Bisogna che non ci stanchiamo di pichiar alla porta della divina misericordia, mai perder la nostra confidenza in Dio… farsi animo et star perseveranti” (8 maggio 1691).Padre Marco veste i panni inconsueti di storico, richiamando due fra le più tremende pestilenze che colpirono a ripetizione l’Italia: quella della Roma del 590 in cui venne eletto pontefice San Gregorio Magno quale successore di Pelagio II morto del morbo contagioso (il nuovo papa soccorse allora la popolazione anche dalla fame); e quella nota come “peste di San Carlo” perché vide a Milano nel 1576-77 il cardinale arcivescovo soccorrere eroicamente in prima persona gli appestati. Scrive il cappuccino: “Al tempo di san Gregorio papa in Roma e di san Carlo Boromeo in Milano, ambi questi due gran santi, trovandosi queste due città gravemente afflitte per una crudele pestilenza, in publiche procesioni si fecero vedere scorere le città vestite di cenere, con piedi scalzi, una fune al col[l]o, con le lacrime a gl’occhi et con le voci dolenti implorare la divina misericordia; et ne furono esauditi… [Non ci] si può trovare in pegior stato di quello [che] si trova [ora]: onde ci vole penitenza grande e vera, et con il core veramente pentito gridare a Dio misericordia. Dio ci aiuti, essendo il bisognio estremo” (lettera 9 dicembre 1688).E’ così: è Dio che può veramente aiutarci! Interpelliamolo intercedenti i suoi santi

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.